lunedì 13 febbraio 2017

Ho capito cosa irrita il colon...il caffè in capsula - What else?

Ora è chiaro, tutto è chiaro dentro me ... sembra lo stralcio di una canzone ed invece è dovuto semplicemente al fatto che non bevo più caffè in capsula, o perlomeno sporadiche volte alla settimana, in fondo è una dipendenza che va avanti da decenni ...
Ebbene dopo svariate e opportune verifiche l'ho capito con l'avvento in ufficio della macchina del caffè per capsule --- da quel momento ogni mattina si traduceva in successivi spasmi e la cosiddetta "sindrome da colon irritabile" ...
Da un paio di settimane ho smesso e sinceramente è tutta un'altra storia ...

Il caffè in capsule fa male: ecco i risultati dello studio italiano

Ecco gli effetti negativi del caffè in capsule secondo i ricercatori dell'Università di Padova


Secondo quanto spiegato all’AdnKronos da Carlo Foresta, ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Padova e presidente della Fondazione Foresta Onlus, “Abbiamo visto che quello in cialde o in capsule di plastica o alluminio è un potenziale veicolo di interferenti endocrini”.
“Gli ftalati – ha spiegato Foresta – sono agenti chimici aggiunti alle materie plastiche per aumentarne la flessibilità. Sono ovunque, ma non ce ne accorgiamo. E svolgono un’azione simil-estrogenica nel nostro organismo. Secondo recenti ipotesi, aumenterebbero l’incidenza di patologie andrologiche osservata negli ultimi venti anni. In diverse specie animali gli ftalati modificano il funzionamento del sistema riproduttivo e sono ritenuti anche per l’uomo tra quei contaminanti che possono agire negativamente sulla fertilità”.
Dallo studio condotto da Foresta in collaborazione con il Cnr per valutare il contenuto di ftalati nel caffè è emerso che  “tutti i prodotti testati, dalle capsule in alluminio a quelle in plastica e materiale biodegradabile, si sono rivelate capaci di rilasciare gli ftalati nel caffè“. Proprio quelli potenzialmente dannosi. Non vogliamo demonizzare nulla – precisa Foresta – anche perché le concentrazioni riscontrate sono nell’ambito dei range consentiti. Ma dev’essere considerato che, anche attraverso questa contaminazione, si contribuisce al raggiungimento dei valori soglia segnalati come nocivi dalle autorità sanitarie nazionali ed internazionali”.
La ricerca dovrebbe porre “importanti interrogativi sui criteri indicati per valutare il valore soglia quando non è ancora nota la reale diffusione di queste sostanze che nei singoli casi rientrano nel range, ma è difficile comprendere la globalità dell’assunzione”.
Noi siamo, di fatto, la somma di queste esposizioni – ha concluso – Quindi sarebbe importante cercare di capire se, nell’arco della giornata, si superano i limiti dell’assunzione, quantificando i valori medi di esposizione. Una ricerca che aiuterebbe anche a decidere in che modo eventualmente limitare l’esposizione”.


Fidatevi, o tornate alla moka oppure un semplice caffè d'orzo